DOMENICA 20 AGOSTO 2023

ore 21.00 S.Vito dei Normanni – Castello Dentice di Frasso

“Vuoi tu sapere se qualche scintilla brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi”. (Jean-Jacques Rousseau, Dictionnaire de Musique).

Siamo nel 1737 e il teatro più grande, più bello e il più sfarzoso del mondo in quel momento era stato inaugurato a Napoli. La sua apertura anticipa di 41 anni la Scala di Milano e di 55 la Fenice di Venezia, e per questa gara storica non inseriamo il russo Bol’šoj inaugurato nel 1825. Parliamo del San Carlo! La prima, avvenuta la sera del 4 novembre, giorno onomastico del sovrano Carlo III, porta il titolo di uno dei più grandi drammaturghi teatrali del tempo Pietro Metastasio con musica di un altro fuoriclasse, Domenico Sarro: l’Achille in Sciro. Il ruolo di soprintendente-impresario del nuovo teatro fu affidato ad Angelo Carasale, già direttore del San Bartolomeo e “uomo dei miracoli” al servizio del sovrano e dei suoi gusti, indirizzati ad una particolare predilezione per la danza. Fu il Carasale a commissionare per 220 ducati all’altro collega pugliese Leonardo Leo l’Olimpiade, secondo spettacolo in cartellone che andrà in scena il 19 Dicembre dello stesso anno sempre su libretto del Metastasio. Il titolo non fu scelto a caso, fu una chiara volontà di portare il Regno di Napoli a gareggiare con gli altri stati e sovrani d’Europa anche con il teatro musicale. L’opera era stata rappresentata per la prima volta nel 1733 a Vienna con musica di Antonio Caldara, da Vivaldi a Venezia nel 1734 e a Roma nel 1735 con l’intonazione di Pergolesi, qui l’accoglienza fu molto tiepida. Dopo la recita napoletana del 1737, l’opera fu ripresa nel 1743 a Lisbona e secondo noi avrà goduto di un importante gradimento, dato ricavato dai molti testimoni dell’opera intera ed dalle singole arie sparse in diverse biblioteche del mondo.

L’efficienza delle maestranze del Massimo partenopeo aveva facilitato la messa in scena dell’Olimpiade solo 45 giorni dopo la prima di Domenico Sarro. Una buca orchestrale composta da ben 45 elementi tra cui figuravano nomi altisonanti quali Domenico de Matteis (primo violino), Nicola Fiorenza, Domenico de Micco, Nicola Sabatino, un coro di diversi elementi del conservatorio della Pietà dei Turchini; molte comparse tra cui guardie greche, paggi, cavalieri, ninfe, pastori, sacerdoti ed atleti e soprattutto un cast di cantanti di prim’ordine: Anna Peruzzi (Aristea), Vittoria Tesi (en travesti per interpretare Megacle), Giovanni Manzuoli (Alcandro), Angelo Amorevoli (Clistene), mentre il soprano castrato Mariano Nicolini abbracciò il ruolo di Licida.

L’Opera si presenta con 21 arie e 1 duetto ed è in questa silloge che si inserisce l’idea tutta leana dei cori attuando una svolta formale al dramma. Per l’occasione viene coinvolto un coro di sedici studenti del Conservatorio di Santa Maria della Pietà dei Turchini, conservatorio dove Leo ricopriva l’incarico di primo maestro.

 

A sostenere la tesi di una nuova scrittura e nuova visione del dramma ci viene in soccorso Edward Dent. Lo studioso sottolinea che l’Olimpiade di Leo è stilisticamente più aggiornata, più all’avanguardia rispetto all’intonazione del Pergolesi; la sua maestria contrappuntistica, presente in tutta la partitura, è capace di fondersi con la freschezza e le novità stilistiche della melodica napoletana. Così le arie si riempiono di soluzioni cromatiche davvero innovative per l’epoca. Nei rapporti espressivi l’orchestrazione è posta al pari del canto con i ritornelli introduttivi delle arie molto più ampi. Costante attenzione è data alle soluzioni timbriche e dinamiche che andranno a sottolineare le passioni e gli affetti messi in campo dai personaggi. Il titolo riprende la storia narrata da Erodoto durante l’Olimpiade ai tempi del tiranno Clisthène: una vicenda di amori contrastati, oracoli e riconoscimenti improvvisi, con tanto di caso di “frode sportiva” (così l’aveva sintetizzato il M.O Zigante nell’intervista avanti alla ripresa moderna nel 2017) una storia piuttosto intricata con vari travestimenti e falsi nomi dei protagonisti.

Per l’esecuzione di questa sera ci siamo basati su quattro fonti: quella della Biblioteca di stato di Baden in Germania D-KA Don Mus. Ms. 1219; quella della biblioteca nazionale di Francia F-Pn D-6876; quella dell’abbazia di Montecassino I-MC 3-E-6; quella del conservatorio napoletano I-Nc Rari 7.3.8, olim 28 – 4 – 23. L’opera, dall’originale durata di circa quattro ore, sarà sintetizzata in una libera drammatizzazione: la nostra speranza è di accogliere le esigenze di un pubblico moderno che ispezionerà le intuibili quanto probabili preoccupazioni di Don Lionardo alle prese con la sua “creatura” che andrà in scena nel teatro più importante al mondo. Sentimenti che comunicherà, in un epistolario immaginario, alla madre Rosabetta Pinto, accogliente e coraggiosa donna di San Vito degli Schiavoni, in un rapporto che tra i due, secondo noi, non si è mai interrotto ma qui entriamo in un ambito storico che necessita di un’indagine scientifica.

L’OLIMPIADE
Dramma per musica in 3 atti
Musica di Leonardo Leo, libretto di Pietro Metastasio
prima rappresentazione 19 Dicembre 1737 Napoli, Teatro San Carlo

libera interpretazione a cura di
Roberto Romeo e Vincenzo Toma

Interpreti
Valeria La Grotta soprano, Claudia di Carlo soprano, Manuel Amati tenore
con la partecipazione di
Salvatore Misticone nel ruolo de il Cronista
e Sara Bevilacqua nel ruolo di Rosabetta Pinto (la madre di Leonardo Leo)

Regia e costumi
Vincenzo Toma

Orchestra barocca
LA CONFRATERNITA DE’ MUSICI
Cosimo Prontera direzione al cembalo
Raffaele Tiseo violino principale
Cristiano Brunella, Angelo Basile violini primi
Federico Valerio, Alberto Caponi, Iben Bøgvad violini secondi
Francesco Masi viola
Fabio De Leonardis, Cristiano Roldirosso violoncello
Maurizio Ria violone