MERCOLEDI 6 SETTEMBRE 2023

ore 21.00 Brindisi – Basilica Cattedrale

Bach è stato un poeta nell’animo. Non’è una frase melensa ma è la definizione che offre Albert Schweitzer nel suo saggio Il musicista poeta. Il saggio di Schweitzer, che fu abile musicologo, musicista e medico, non è una biografia ma un’ottima guida per l’interpretazione delle opere del grande maestro. Bach aveva studiato violino sin da giovane e prima di diventare clavicembalista e organista fu un apprezzato violinista. Era anche un abile suonatore di viola che nelle esecuzioni cameristiche amava suonare perché si sentiva «al centro dell’esecuzione e, percependo tutte le altre parti sopra e sotto la sua, gustava meglio il fascino della polifonia» (cit. Schweitzer). Bach non era solo un abile esecutore, ma anche un organologo di questi strumenti sui quali trasferì quello stile polifonico che egli usava per le sue composizioni vocali e orchestrali. Va tenuto in considerazione che la tradizione del violino “solo” era radicata nella cultura tedesca sin dalla fine del XVII secolo. Johann Mattheson ci riferisce che Nikolaus Bruhns sedeva col suo violino all’organo e con i pedali si accompagnava, realizzando qualcosa che si avvicinava al basso continuo. L’ammirazione per Corelli e per il suo elegante stile violinistico e unanime in tutt’Europa ed inoltre, nel 1694, Johann Jakob Walther era divenuto famoso per il suo “Hortulus Chelicus”, una raccolta di composizioni per violino. Naturalmente Bach nello scrivere le Sonate e Partite per violino solo – il titolo autografo recita: Sei Solo a violino senza Basso accompagnato. Libro primo da Joh. Seb. Bach. an. 1720 – ha tenuto presente la tecnica usata dai suoi predecessori e non è escluso che si sia rifatto a Johann Georg Pisendel oppure Josephus Spiess. Con le Sonate e le Partite si sono misurati quasi tutti i virtuosi dell’arco e tutti hanno costatato che le maestrie non sono fine a sé stesse ma oltrepassano i confini tecnici.

Questi brani condensano due gusti del tempo: la sonata da chiesa, colma di contrappunto, e le suite di danza. Il violino entra in scena come un attore col suo monologo.

Confrontare il violinismo bachiano con altri autori barocchi ci è parso semplice, confrontarlo con quello corelliano o vivaldiano quasi obbligato.
Corelli nel 1700, pubblicando le 12 Sonate a Violino e Violone o Cimbalo opera quinta (equamente divise in da chiesa e da camera), fu consapevole di fornire un’opportunità superiore ai violinisti e alla tecnica violinistica. Il modello formale fu vincente inquanto plasmò, in un elegante equilibrio, invenzione ed elaborazione. Questa idea fu oggetto di attenzione da parte di molti compositori come Francesco Geminiani, Francesco Maria Veracini, Pietro Locatelli, Giuseppe Tartini, Pietro Nardini e Antonio Vivaldi. Quest’ultimo, quando compone le sonate di Manchester tra il 1726 – 27, lontano dalle mode e dal mercato, porta alle estreme conseguenze il progetto neocorelliano. Le eleganti progressioni di veneziana memoria o le pulite linee melodiche con le chiare direzioni armoniche si convertono in ardite linee a due voci per il violino con conseguente richiesta di tecnicismo all’esecutore. Il magistero di Vivaldi in queste sonate raggiunge alti livelli, ciò ha portato il suo maggiore studioso, Michael Talbot, a definirle “musica assoluta”.

Stefano Montanari violino solista
Cosimo Prontera cembalo

Arcangelo Corelli (1653 – 1713)
Sonata No 5 Op. V
Adagio, Vivace, Adagio, Vivace, Giga

Johann Sebastian Bach (1685 – 1750)
Partita per violino solo No. 2 BWV 1004
I. Allemande, II. Courante, III. Sarabande, IV. Gigue, VI. Chaconne

Leonardo Leo (1694 – 1744)
Solfeggi: in Do magg. cantabile, Do magg. Allegro, Sol min. Allegro.

Antonio Vivaldi (1678 – 1741)
dalle sonate di Manchester per violino e continuo
Sonata No.13 in Do magg. RV 3
Preludio andante, Corrente allegro, Grave, Allemanda allegro.

Arcangelo Corelli
Partite sulla Follia di Spagna Op. V
per violino e continuo