La Dirindina è un intermezzo comico che doveva essere eseguito durante l’intervallo dell’opera Ambleto dello stesso Domenico Scarlatti. Tuttavia, poco prima del debutto al Teatro Capranica di Roma per il Carnevale del 1715, fu fermato dalla censura vaticana a causa del libretto piuttosto scandaloso del drammaturgo toscano Girolamo Gigli: i censori ordinarono di bloccarne la stampa, anche se in seguito ne fu pubblicata una seconda edizione.
Considerata la “leggerezza” morale con cui la civettuola allieva cantante Dirindina, il suo anziano insegnante di musica Don Carissimo e il castrato opportunista Liscione si muovono, è certamente comprensibile il motivo per cui l’establishment trovò il lavoro sconveniente.

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La Dirindina rappresenta una satira della vita musicale e operistica dell’epoca: racconta di una aspirante cantante lirica allieva dell’anziano maestro Don Carissimo, il quale sembra più interessato agli attributi fisici delle sue discenti che a quelli artistici. Durante la lezione di canto, giunge il giovane castrato Liscione, di cui Dirindina è innamorata, che porta alla giovane l’invito ad esibirsi in un teatro d’opera di Milano.

Don Carissimo, contrariato da questa intromissione, insiste che la ragazza non è pronta per le scene; Liscione però spiega che il successo non dipende solo dalle abilità canore e le insegna come usare il suo fascino femminile per far carriera nel mondo della musica.

Don Carissimo si allontana e Liscione prova con la giovane una scena teatrale in cui la regina cartaginese Didone rimprovera Enea per averla abbandonata e per la sua infedeltà. Don Carissimo rientra e crede che la scena recitata sia reale e che Dirindina stia per suicidarsi. Quando capisce che si tratta solo di una recita, è sollevato al punto da concedere la sua benedizione ai giovani innamorati, congratulandosi con loro e augurando loro ogni bene.

La partitura scarlattiana accentua gli spunti comici del libretto, innescando una serie di meccanismi musicali che, con i loro ritmi vivaci, esaltano il brio degli scambi verbali. L’operina è divisa in due parti e si compone di otto recitativi e otto tra arie e trii: è stata riscoperta e curata dal musicologo Francesco Degrada negli anni ’60 del secolo scorso, mentre una prima registrazione è stata realizzata da Riccardo Muti a Napoli nel 1968.

Lorenzo Fiorito