Il fil rouge che lega i brani proposti in questo concerto è il confronto fra letterature musicali di aree geograficamente distanti, per scoprirne differenze stilistiche e strutturali, ma anche formali. Il programma ci propone due interessanti accostamenti: il primo raffronta un compositore tedesco di Amburgo, con un “napoletano” di San Vito dei Normanni, il secondo contrappone il pupillo del cantor di Lipsia e un sacerdote gerolamino, compositore e organista spagnolo. Parliamo rispettivamente di Georg Philipp Telemann, uno dei più prolifici compositori esistiti, e di Leonardo Leo, componente di primordine di quella che verrà denominata Scuola Napoletana; e poi di Johann Ludwig Krebs e di Padre Soler, al secolo Antoni Francesc Xavier Josep Soler Ramos.Il programma metterà a confronto le sonate per flauto a becco e basso continuo di Telemann e Leo, e le composizioni per tastiera di Krebs e di Soler.
Le sonate di Telemann sono tratte dalla raccolta Der Getreue Music-Meister (Il fedele maestro di musica) scritta ad Amburgo nel 1728-29. Telemann, che fu contemporaneo di Bach e Händel cui lo legava una profonda amicizia, ebbe una lunghissima vita creativa (quasi 70 anni di attività) che gli consentì di attraversare periodi stilistici musicali, dal pieno Barocco allo Stile Galante, fino al Classicismo, riuscendo ad aderire ai continui cambiamenti che i nuovi stili richiedevano.

Le sonate di Leo, da poco rinvenute nella Biblioteca del Congresso di Washington, ci offrono uno spaccato della produzione strumentale napoletana e, contestualmente, del compositore. Lavori meditati e mai banali, le sonate per flauto diritto furono composte tra 1728 e il 1733. Purtroppo tutta la produzione strumentale napoletana si posiziona in secondo piano rispetto alla tedesca, in quanto annientata dall’esuberanza e dalla preponderanza dell’Opera, tanto da rendere impossibile l’identificazione di un compositore capace di portare lo stile strumentale napoletano agli onori nazionali ed europei. D’altronde, così era accaduto per le altre aree italiane, nonostante un Corelli a Roma e un Vivaldi a Venezia. Il know-how dei compositori e musicisti napoletani era certamente elevato, ma anche capillarmente diffuso. Gli altissimi livelli qualitativi fecero tremare i polsi allo stesso Arcangelo Corelli e addirittura a Leopold Mozart che decise di lasciare la capitale del Regno non solo per la mancanza di posti vacanti da occupare, ma anche perchè sottoposto ad un continuo ed estenuante confronto anche sul terreno della composizione strumentale. Di Krebs e di Soler vengono proposte due composizioni per due tastiere, dialoganti su un piano di parità: due cembali, di cui uno svolge la funzione melodica, simile a quella di uno strumento solistico ad arco o a fiato, mentre l’altro svolge la funzione di accompagnamento, interscambiandosi i ruoli. 

Krebs, letteralmente ‘innamorato’ del suo maestro Johann Sebastian Bach, riprende molti elementi presenti nei concerti bachiani senza tuttavia offrire idee innovative, capaci di assecondare il nuovo percorso musicale ormai in atto e distaccarsi dalle visioni del suo maestro.

Antonio Soler raccoglie nella sua vasta produzione di musica per cembalo e per organo l’eredità di Domenico Scarlatti, di cui fu allievo, enfatizzandone il carattere virtuosistico e il colore strumentale, tutto spagnolo. Segni evidenti si individuano nell’uso dei ritmi di danza, nelle armonie, nelle scintillanti ornamentazioni. Di questi elementi vivono I Conciertos de dos Organos Obligados (o per due tastiere) che inoltre includono caratteri virtuosistici e sensuali (famosissimo per queste sue caratteristiche il Fandango per clavicembalo), geniali idee che gli valsero, già alla sua epoca, il soprannome di El diablo vestido de frai.

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