Il programma propone una serie di composizioni dedicate ai tre strumenti che sovente nelle composizioni barocche denominate concerto grosso costituiva il così chiamato concertino; l’amalgama del loro suono infatti, possiede un timbro particolarmente caratterizzato che ben si presta a ricoprire la parte concertante con gli strumenti ad arco. Questa singolarità permise anche la fioritura di un consistente repertorio solistico, di prassi accompagnato dalla presenza di uno strumento che realizzi il basso continuo.
Gli autori proposti sono fra i compositori più importanti di questo periodo storico e provengono dalle più importanti città italiane per ricchezza di teatri e centri musicali, Venezia e Napoli.
Arcangelo Califano, compositore di cui pochissimo si conosce e probabilmente il meno noto fra gli autori presentati, fu attivo a Napoli in qualità di violoncellista e a Dresda come musicista della Hofkapelle, una fra le più rilevanti compagini strumentali del periodo. Alla stessa corte negli stessi anni venne chiamato anche il compositore veneziano Antonio Lotti per rappresentare alcune opere in occasioni mondane di alto profilo.

La Sonata che il programma propone è scritta in quattro movimenti, Adagio, Allegro, Adagio, Allegro, successione tipica della sonata chiesa di modello corelliano, così come il brano successivo, la Sonata di Antonio Vivaldi, compositore incredibilmente prolifico, emblema del periodo barocco.

Nucleo centrale del programma è l’omaggio a
Leonardo Leo, compositore di origine pugliese.
Trasferitosi in giovane età a Napoli, allievo
della Pietà dei turchini, divenne uno dei più
grandi esponenti della scuola napoletana.
Particolarmente dedito alla musica vocale, di
lui viene proposto un Trio per due oboi e basso,
unica sua composizione per questo organico.
Prima di questo brano viene proposta una
delle moltissime sonate di Domenico Scarlatti,
forse il più prolifico compositore di musica per
clavicembalo solo del periodo barocco. Autore di
origine napoletana e figlio dell’altrettanto noto
Alessandro Scarlatti, trovò la sua fortuna presso
la corte spagnola. La Sonata XXX è l’ultima di una
raccolta intitolata Essercizi per il gravicembalo ed è nota al pubblico con l’appellativo di epoca
ottocentesca Fuga del gatto a motivo della
stravaganza del soggetto proposto, una serie
di note apparentemente casuali in successione
dal basso verso l’alto, quasi come fossero suoni
generati dal passeggiare di un gatto sulla tastiera.

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