Presentazione
La prima rappresentazione di Dido and Aeneas avvenne nel 1689 presso il collegio londinese di Chelsea, sobborgo della capitale, diretto da un celebre ballerino e coreografo, Josias Priest. Purcell scrisse quest’opera per il gruppo di giovani gentildonne educate nel collegio, non certamente delle professioniste. Ad eccezione del ruolo di Enea, le parti solistiche furono presumibilmente scritte per soprano, e interpretate dalle aristocratiche collegiali. Le diverse fonti apparse negli anni successivi hanno evidenziato diversi organici vocali per questa partitura e spesso le stesse voci risultano impiegate per diversi ruoli, segno che l’opera in questione, come tutte le produzioni operistiche del periodo, era un work in progress.
Intorno ai personaggi principali dell’opera – Didone, Enea e Belinda – è presente l’immancabile mondo magico e fiabesco d’oltremanica che influenza la narrazione, rappresentato dal destino, dall’amore, dal genere maschile e femminile, dalla ragion di stato, dai sentimenti. L’aspetto lirico dell’opera risente delle scelte che il mondo musicale italiano imponeva in quel momento, in particolare quelle delle opere di Cavalli e degli oratori di Carissimi. Spesso le arie sono più vicine a degli ariosi che si inseriscono nel fluido discorso dell’opera, confluendo, senza soluzione di continuità, in parti corali e strumentali. Per la sua intensità e per i temi trattati, Purcell ne fa un capolavoro di assoluta statura. L’espressività e la cantabilità delle linee melodiche dell’autore, che sfrutta appieno l’irregolarità e la libertà dei versi virgiliani rivisti da Tate, sottomette la forma alle esigenze espressive rendendo questo lavoro uno tra i più eseguiti dei nostri tempi. L’organico, costituito dai soli archi (oltre al bc) e da un numero relativamente limitato di voci, non impedisce a Purcell di sfruttare al massimo le potenzialità strumentali e vocali, con grande sapienza di orchestratore ed estrema raffinatezza timbrica.
ATTO I
Alla corte del palazzo cartaginese, Belinda nota
che sua sorella Didone è turbata; ella prova infatti
le pene d’amore per Enea, guerriero fuggito
dalle rovine di Troia. Belinda vede la possibilità
di stringere un’alleanza tra troiani e cartaginesi,
portando grande fasto a entrambi i popoli; intuendo
i sentimenti della sorella, la spinge verso le braccia
di Enea. Didone è restia, ma quando il principe
troiano entra a palazzo, non resiste alle sue lusinghe.
ATTO II
In una grotta, una maga convoca le sue sorelle streghe. Esse odiano la regina di Cartagine e desiderano sopra ogni cosa che perda il potere e l’amore. Sanno che Didone ed Enea sono andati a
caccia. Progettano dunque di far scatenare un temporale per obbligarli a tornare al palazzo;
successivamente, un loro folletto travestito da Mercurio, andrà da Enea per avvisarlo che il volere di Giove è che lui parta immediatamente alla volta
dell’Italia e porti a termine il suo destino. Le streghe si ritirano per completare il loro incantesimo. Intanto, nel bosco, il seguito di Didone intrattiene Enea, mentre questi racconta delle sue avventure.
Arriva un temporale e tutti corrono al riparo verso il palazzo. Il folletto, travestito da Mercurio, compare a Enea e gli intima di ascoltarlo: è volontà di Giove che lui parta immediatamente per continuare il suo viaggio e fondare una nuova città di Troia. Enea si trova in una posizione difficile: ha appena conquistato il cuore di Didone, ma è costretto ad abbandonarla per volere degli dei.
ATTO III
I marinai preparano le navi per salpare; la maga e
le streghe li osservano soddisfatte, ripromettendosi
di funestare il viaggio di Enea con una violenta
tempesta.
Intanto a palazzo, Didone – non vedendo tornare
Enea – rimprovera Belinda per averla mal
consigliata. Giunge infine Enea, che gli comunica la
notizia ricevuta dall’emissario di Giove.
La regina Didone lo accusa di essere un ipocrita
e di voler nascondere quel suo gesto vile dietro
il volere degli dei. Gli intima quindi di andarsene
verso il suo regno promesso e di abbandonarla
a sé stessa. Enea allora decide di andare contro
il volere di Giove e rimanere con la sua amata.
Didone gli ordina di andarsene, in quanto per lei è
stata una grave offesa anche il solo suo pensiero di
abbandonarla.
Appena Enea parte, Didone si abbandona alla
morte tra le braccia di Belinda.
(Sinossi da: www.musalirica.com)