Quando si incomincia a intravedere la fine
dell’estate, per chi abita la Puglia, tra S.
Vito dei Normanni – patria di Leonardo
Leo – e tanti paesi vicini, e pure città, fino a Brindisi
e Lecce, si avverte che qualcosa incomincia a mutare
l’atmosfera un po’ sonnacchiosa che ti prende in quei
mesi assolati, e che bisogna acuire l’intelligenza e la
sensibilità: inizia il Barocco Festival Leonardo Leo
Festival di Musica antica che dura da 25 anni e che
ogni anno si ripresenta in forme sempre nuove, con
la direzione costante di Cosimo Prontera che ne è
stato l’ideatore e che ne è il principale organizzatore.
Per il normale ascoltatore di musica, amatore di
“opere” che sia o che viva tra Bach, Vivaldi, Mozart e
dintorni, si tratta di una esperienza nuova che mette
in contatto con gli inizi della musica moderna, una
musica che cerca sé stessa, i propri ritmi, il proprio
sentimento.
Come tutto il barocco, in pittura, in letteratura, la
ricerca è quella di un ritmo nuovo che si avventura
in territori fino ad allora sconosciuti.
Noi, abitatori estivi di Puglia, ci precipitiamo al
concerto ogni volta che sia possibile. Il mondo,
fuori, pulsa di una sua vita, dei suoi rumori, spesso

– è la normalità – un po’ sguaiati. Quando entri
nella sala dove si svolge il concerto, entri in un altro
mondo che una volta ho chiamato un’oasi di civiltà.
E più che mai in questi ultimi anni si ha bisogno
di questo, come un fatto di vita buona. Abbiamo
vissuto la pandemia che impediva anche di vederci
insieme, e di ascoltare insieme, a causa di un virus
disposto al suicidio pur di far male all’umanità, una
cattiveria istintiva e autodistruttiva.
Quest’anno, viviamo una guerra devastante che per
allora sarà finita, speriamo, ma che mostra quanto
si mescolino tragicamente umano e disumano, una
malignità molto più consapevole di quella del virus.
Come mai prima, abbiamo bisogno di un’aria
pulita, dove l’umanità crea per carpire la bellezza
del mondo e della vita, per dare ritmo alle cose,
trasformando il rumore del mondo in musica
creativa. Abbiamo bisogno di rivedere e riascoltare
gli strumenti antichi, per alcuni di noi dai nomi
sconosciuti, e con sonorità che ci proiettano
all’indietro nel tempo, con un intento creativo che
si era lasciato alle spalle ritmi chiusi e precostituiti
per inventarne di nuovi. Aspettiamo quei giorni con
la fiducia di sempre.