Tutte le forme di arte sono sempre state legate a due principali forme di mecenatismo, o per dirla con un termine realtivamente moderno sponsorizzazione (sponsor è parola che ha radice etimologica nel latino e deriva dal verbo spondere cioè farsi garante per qualcuno o di qualcosa): il patrocinio e la committenza. Entrambe le forme legano il mecenate/ sponsor e l’artista in un reciproco vitale rapporto di scambio: il mecenate (persona o istituzione che sia) si giova dell’eccellenza dell’artista e il suo tornaconto è legato al potere simbolico del prestigio accordato all’artista; l’artista stabilisce con il suo mecenate,
dedicatario o committente, un vero e proprio rapporto di lavoro e presso di lui si impegna a svolgere la sua attività, organizzare la sua stessa vita e in tal modo assicurare a se e alla sua famiglia una qualche forma di protezione.
Nella musica il ruolo del mecenate-sponsor è sempre stato fondamentale, in tutti i periodi storici: pensiamo

anche al collezionismo di strumenti musicali, di testi
teorici e/o partiture, di libretti d’opera; al finanziamento di attività musicali, intese sia come attività musicali stabili e prolungate nel tempo (mantenere una cappella, un gruppo di musici) sia come eventi singoli legati a precise circostanze (la commissione di un brano ad un compositore, la commissione di una performance musicale); pensiamo al tema della «protezione» accordata ad un cantante o ad una cantante da parte di un aristocratico. Nel periodo barocco, si accentua il carattere paternalistico-clientelare della relazione tra mecenate, spesso un esponente dell’aristocrazia o del clero, e musico. Scrive Muratori: «Gareggiavano più dell’altre fra loro le corti di Mantova e Modena, dove i duchi Ferdinando Carlo Gonzaga, e Francesco II d’Este,
si studiavano di tenere al loro stipendio i più accreditati cantanti, e le più rinomate cantatrici, e i sonatori più cospicui di varii musicali strumenti».